L’antico Arsenale di Amalfi, monumento della potenza marinara della Repubblica nata più di dodici secoli fa, è l’unico esemplare risalente all’anno mille ancora esistente in Occidente. La sua imponente ed elegante struttura in pietra è uno meraviglioso esempio di architettura medievale.
La visita inizia dalla prima navata sulla destra, una delle corsie dell’antico cantiere dove in origine si costruivano navi da guerra. Qui sono esposti reperti archeologici di età romana e medievale, recuperati in fondo al mare oppure provenienti da antichi viaggi della marineria amalfitana. La soluzione espositiva è caratterizzata da cinque teche di una forma irregolare che si prestano ad una duplice lettura, metafora sia del carattere frammentario di molti reperti esposti che di un’imbarcazione. Imbarcazioni sembrano attraversare le pareti della antica struttura per restituirci la visione dei loro carichi di contenitori e anfore di produzione siciliana, orientale e araba.
Tra le teche e lungo il percorso sono adagiati a terra colonne, capitelli e altri elementi architettonici di età imperiale romana, frutto probabilmente di antichi viaggi da parte della marina amalfitana tra XI e XII secolo. Molti di essi venivano imbarcati per essere venduti o riutilizzati come il bellissimo sarcofago di marmo del III-IV secolo d.C. reimpiegato come sepoltura.
Arrivati sul fondo della navata, il percorso espositivo continua nella navata di sinistra con un plastico della città di Amalfi che mostra la forma urbis della città del XIII secolo.
Al centro della corsia trova collocazione lo storico galeone impiegato in tante antiche tra Amalfi e le altre Repubbliche marinare.
Infine, su una lunga pedana la cui forma ricorda un tratto di costa o un onda che si rompe sulla battigia, sono disposte delle teche che sembrano quasi sospese nello spazio e che ospitano i tarì , la moneta battura dalla zecca di Amalfi, strumenti di orientamento nautici come sestanti e bussole. Idealmente l’esposizione trova la sua conclusione con la piccola scultura di Flavio Gioia a cui si attribuisce tradizionalmente l’invenzione della bussola.
È stata introdotta una nuova illuminazione puntuale creando giochi di chiaroscuro che esaltano e drammatizzano i valori formali degli oggetti e dello spazio che li accoglie.